Il contesto macroeconomico sta cambiando, o quantomeno è incerto. Questo potrebbe modificare i prezzi degli asset rischiosi, ma non cambierà il nostro approccio, che consiste nel cercare aziende dotate di un vantaggio competitivo e compatibili con la nostra filosofia incentrata sulla crescita di qualità
Quando investiamo denaro per conto dei nostri clienti, cerchiamo aziende di qualità superiore con vantaggi competitivi duraturi e un’elevata redditività del capitale. L’obiettivo è far sì che la capacità di queste aziende di crescere stabilmente generi ricchezza nel medio e lungo termine.
Tuttavia, gli operatori del mercato non perseguono tutti il medesimo obiettivo. Gran parte dei volumi del mercato è determinata da trader a breve termine, molti dei quali ricorrono a strategie che a loro avviso sono in grado di generare rendimenti riducendo al contempo il rischio. Occasionalmente, queste strategie possono comportare una significativa volatilità delle performance.
Veniamo da un periodo di delusione per tali strategie. La recente impennata della volatilità che emerge dal grafico del VIX (l’indice di volatilità del Chicago Board Options Exchange o CBOE) può essere il segno che queste strategie sono entrate in crisi e sono state chiuse su vastissima scala (Figura 1).
Figura 1: Impennata del VIX
Fonte: Bloomberg, al 16 agosto 2024
Non sono certo un esperto di tali strategie, ma un elenco non esaustivo potrebbe includere: trend-following CTA; risk parity asset allocation; panieri azionari; carry trade sullo yen (finanziamento tramite una valuta a basso costo che era una scommessa “unidirezionale” al ribasso); ed ETF tematici (beneficiari dell’IA, obesità, titoli value giapponesi, ecc.). Queste strategie hanno tutte messo a segno guadagni fino a quando la rotazione del mercato non le ha destabilizzate destinandole alla chiusura. Il fatto che il Giappone abbia perso il 12% nell’arco di una giornata1 suggerisce un trading dominato da fattori tecnici. Questo episodio mi ha ricordato il crollo del 1987 (all’epoca ero giovanissimo!). Anche allora, prima del mese di ottobre gli investitori si erano assicurati sostanziosi guadagni. La Federal Reserve aveva già alzato i tassi tre volte, l’ultima delle quali a settembre con un aumento di 50 pb al 7,25%2. Ma, all’improvviso, a metà ottobre tutti decisero di vendere nello stesso momento. La colpa in quel caso fu attribuita alla portfolio insurance, una strategia che prometteva rendimenti simili a quelli azionari con rischi di ribasso nettamente più bassi; il fattore scatenante fu un deficit commerciale più alto del previsto e il risultato furono la creazione di venditori forzati e un evento finanziario passato alla storia. Lo scatto evidenziato dalla volatilità quando l’S&P perse il 23% in un solo giorno fu tale che inizialmente chi deteneva call guadagnò sul ribasso, in quanto l’impennata della volatilità superò il ribasso dei prezzi in un mondo basato sul modello di valutazione Black-Scholes3 (benché possa trattarsi di una leggenda metropolitana).
Tornando a oggi, abbiamo appena assistito a un’impennata della volatilità non poi così lontana da quelle osservate in occasione del crollo del sistema finanziario durante la crisi finanziaria globale e dello scoppio della pandemia di Covid-19. Che cosa l’ha provocata questa volta? Apparentemente, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti si sono rivelate leggermente più alte delle aspettative (un successivo esame dei dati ha attribuito la causa di ciò a un aumento del tasso di partecipazione alla forza lavoro) e all’improvviso ci siamo ritrovati avviati verso la recessione.
Viviamo in un mondo capitalista, dove il prezzo è un segnale. Ecco, quindi, cosa ci segnala il recente andamento dei prezzi:
- La crescita economica sta rallentando. Le probabilità di recessione sono aumentate, ma restano scarse.
- Ci stiamo lasciando alle spalle il periodo post-pandemico di inflazione elevata… almeno per ora? (Figura 2)
Figura 2: CPI USA al netto di alimentari ed energia
Fonte: Bloomberg, al 16 agosto 2024
I tassi d’interesse a breve termine sono destinati a diminuire (Figura 3)
Figura 3: Tasso target sui Federal Fund
Fonte: Bloomberg, al 16 agosto
I rendimenti obbligazionari riflettono tutto questo e il costo del capitale è in calo. Tuttavia, l’irripidimento della curva dei rendimenti suggerisce che i rendimenti obbligazionari non stanno tornando verso i bassi livelli registrati nel periodo successivo alla crisi finanziaria globale.
Il segnale forse più importante dei recenti movimenti di mercato è che la certezza unidirezionale che il mercato aveva nella prima parte dell’anno si è interrotta. È possibile che il contesto macroeconomico stia cambiando, o sia quantomeno incerto, e ciò potrebbe modificare i prezzi degli asset rischiosi.
Se la crescita economica rallenta, i rischi di recessione aumentano, l’inflazione diminuisce e i tassi d’interesse e il costo del capitale sono destinati a scendere, non c’è dubbio che le società in grado di conseguire una crescita dei ricavi e degli utili in un contesto di questo tipo valgono di più. Questo ci riporta alle tendenze a lungo termine del mercato, alla creazione di ricchezza da parte delle aziende esposte a questi trend ma con il vantaggio competitivo di saperli sfruttare proficuamente.
Nel 1987 il crollo del mercato azionario non comportò grossi cambiamenti in termini di dinamiche fondamentali. Dopo un breve periodo di accomodamento da parte della Federal Reserve, i tassi d’interesse continuarono a salire, raggiungendo il picco all’inizio del 1989 al 9,75% (un’altra epoca). Ciò nonostante, l’S&P toccò i massimi storici nel 1989, anche se l’aumento del costo del capitale riuscì a far scoppiare la bolla dell’epoca, quella del mercato azionario giapponese. Non ho una memoria abbastanza buona per ricordare se ci fu un cambiamento nella leadership di mercato azionario, ma credo di no.
A guidare il mercato fu la creazione di valore derivante dalla ristrutturazione delle aziende occidentali che sfruttavano il potenziale di riduzione dei costi legato all’outsourcing e alla globalizzazione delle catene di fornitura. Era l’epoca del valore economico aggiunto (EVA) elaborato da Stern Stewart, la cui prima grande applicazione avvenne in Coca Cola nel 19884.Era questa la tendenza dominante sia a livello di cultura manageriale che di mercato azionario. Di conseguenza, per due decenni (di fatto dal 1980 al 2006, con una breve interruzione in concomitanza con la bolla tecnologica) il mercato venne trainato dai titoli value, il segmento che in quel momento creava maggior valore.
Oggi, l’azienda media è discretamente redditizia. Non c’è molto da guadagnare da un’ulteriore globalizzazione e nel mondo sono in atto forze, sia politiche che economiche, che suggeriscono una possibile inversione del trend. A guidare la creazione di ricchezza sono le aziende in grado di crescere attraverso l’innovazione di nuovi prodotti e nuovi modi di operare che riducono i costi del fare impresa, oppure le aziende che contribuiscono alla decarbonizzazione globale; la transizione energetica globale è un processo pluridecennale che farà crescere i fatturati e genererà ricchezza per le aziende dotate di un vantaggio competitivo. Siamo entrati nell’era dell’intelligenza artificiale (IA) e benché i l’identità dei vincitori finali non sia ancora del tutto chiara, ci sono alcune cose che possiamo affermare con certezza: l’era dell’IA è l’era del cloud computing, e il cloud è dominato da tre aziende. La crescita sembra assicurata, e con questa struttura di mercato oligopolistica anche la creazione di ricchezza appare certa.
Al di là delle opportunità di crescita a lungo termine offerte dal mercato, la nostra ricerca si concentra sulla tenuta degli utili a breve termine e sulle società che potrebbero beneficiare di un miglioramento delle prospettive a seguito della riduzione dei tassi d’interesse. Per esperienza, sappiamo che le aziende che godono di forti vantaggi competitivi in qualsivoglia settore tendono a guadagnare quote di mercato più rapidamente nei periodi economici più impegnativi. Come sempre, è cruciale accertarsi che le aziende siano veramente in linea con la nostra filosofia di crescita di qualità.