Riassunto del video
- Le attese su un taglio di tassi anticipato da parte della FED nel 2024, che ha stimolato un forte rally delle obbligazioni e delle azioni a livello globale, hanno subito ora una significativa inversione di tendenza.
- Negli Stati Uniti, i dati a breve termine dell’inflazione dei prezzi al consumo sono vicini all’obiettivo e l’inflazione salariale sta rallentando. Tuttavia, la politica monetaria continua ad essere restrittiva e con l’incombere delle elezioni presidenziali la Fed teme che le decisioni sui tassi possano diventare una questione politica.
- In Europa, l’inflazione dei prezzi è scesa bruscamente verso la fine dello scorso anno, attestandosi ben al di sotto delle previsioni della BCE. Tuttavia, le prospettive per l’inflazione salariale rimangono incerte.
- Incerte anche le prospettive per il Regno Unito, dove l’aumento del 10% del salario minimo, previsto ad aprile, potrebbe incrementare la pressione sui prezzi. Allo stesso modo, la prospettiva di forti tagli fiscali nel bilancio di marzo invita alla prudenza.
- In ogni caso continuiamo ad aspettarci forti tagli dei tassi nel corso del 2024, con la Banca d’Inghilterra che sarà probabilmente l’ultima ad effettuare il primo taglio.
Le dichiarazioni delle banche centrali hanno influito non poco sui mercati monetari. Lo scorso 13 dicembre, il Presidente del Comitato che regola i tassi negli Stati Uniti aveva parlato di una riduzione anticipata, di fatto scatenando un forte rally di obbligazioni e azioni, non solo negli Stati Uniti ma nella maggior parte del mondo. Di conseguenza, le prospettive su tagli dei tassi consistenti e anticipati erano state prezzate dai mercati di New York, Londra, Europa e oltre.
Con l’inizio del 2024, le principali banche centrali hanno frenato l’entusiasmo, respingendo in maniera decisa le aspettative ottimistiche dei mercati. Sebbene i temi del calo dell’inflazione e della bassa disoccupazione siano comuni a Stati Uniti, Regno Unito ed Europa, permangono importanti differenze per quanto riguarda le tempistiche sui tagli dei tassi.
Negli Stati Uniti, i dati a breve termine dell’inflazione dei prezzi al consumo sono pari o prossimi all’obiettivo del 2%. Il rallentamento dell’inflazione salariale suggerisce che questa tendenza è costante. Tuttavia, in questo scenario anche la politica gioca un ruolo importante; a fronte della più divisiva elezione Presidenziale dei tempi moderni, la Fed vuole infatti evitare che la decisione sul taglio dei tassi diventi oggetto di dibattito politico.
In tal senso, un primo taglio dei tassi a marzo, chiaramente giustificato, potrebbe essere d’aiuto. L’indice del costo dell’occupazione, previsto per la fine del mese, potrebbe giocare un ruolo importante a favore di questo scenario. Questo dato infatti è generalmente considerato la migliore misura della crescita dei salari, sebbene venga pubblicato solo trimestralmente, e una sua variazione inferiore all’1,0% trimestre su trimestre potrebbe essere decisiva per avallare un primo taglio dei tassi a marzo.
Infatti, il perdurare di un tasso di disoccupazione basso e una crescita economica costante non giustificherebbero l’urgenza di un taglio dei tassi. Tuttavia, la politica monetaria resta ad oggi restrittiva e un modesto taglio in primavera contribuirebbe a depoliticizzare le decisioni successive. In definitiva, ci aspettiamo una progressiva riduzione dei tassi negli Stati Uniti, verso l’aspettativa del mercato del 4%, entro la fine dell’anno e oltre.
In Europa, l’inflazione dei prezzi è calata in maniera consistente verso la fine del 2023, ben al di sotto delle previsioni della Bce. Mentre per quanto riguarda l’inflazione salariale, le prospettive restano maggiormente incerte. La tornata salariale è appena iniziata e, sebbene ci siano buone ragioni per aspettarsi un forte rallentamento della crescita dei salari, la BCE vorrà aspettare di vedere i risultati. Per quanto la possibilità di una riduzione dei tassi ad aprile rimanga un’ipotesi valida, non è da escludersi che si debba aspettare la riunione di giugno per vedere un primo taglio effettivo.
Allo stesso modo le previsioni sull’inflazione salariale nel Regno Unito appaiono dubbie. Sebbene i dati a breve termine mostrino un forte rallentamento, il livello di partenza è molto elevata. Inoltre, l’aumento del 10% del salario minimo in aprile potrebbe esercitare un’ulteriore pressione al rialzo sui salari.
La Low Pay Unit, che si occupa di elaborare le cifre, è riuscita a convincere molti che un aumento del salario minimo avrebbe avuto un effetto limitato, dato che i salari, in particolare nel settore della vendita al dettaglio, sono già saliti al di sopra del nuovo standard. Tuttavia, l’aumento salariale del 9,1% annunciato da Sainsbury pochi giorni fa suggerisce il contrario. Inoltre, la prospettiva di forti tagli fiscali nel bilancio di marzo – ci aspettiamo una riduzione di 2 pence dell’aliquota di base dell’imposta sul reddito e un aumento delle soglie – incoraggerà una maggior cautela.
Nonostante tutto ciò, ci aspettiamo che la Banca d’Inghilterra segua la Fed e la BCE con importanti tagli dei tassi quest’anno, anche se verosimilmente sarà l’ultima ad effettuare il primo taglio.
Fig.1 Incremento dei costi di spedizione
US$ per 40 foot container
Fonte: Bloomberg and Columbia Threadneedle Investments as at 22 January. Drewry world container index, an average of 8 east-west route for 40 foot containers
Per quanto riguarda l’aumento dei costi di spedizione a seguito delle tensioni nel Mar Rosso, ci si chiede se possano essere causa di una recrudescenza dell’inflazione e conseguente freno ai programmi di riduzione dei tassi. È innanzitutto importante notare che l’entità degli aumenti è inferiore a quella registrata nel periodo post Covid-19. Inoltre, in quel periodo le aziende si sono affannate per ricostruire le scorte, dato che la forte domanda consentiva di trasferire facilmente i costi aggiuntivi tramite prezzi più alti, mentre oggi non sussistono le medesime condizioni. È probabile, dunque, che l’impatto di questo incremento avrà effetti ridotti e ci si augura sia solo temporaneo.